Un giorno per fermare il mondo e dire basta alla guerra. È l’appello lanciato da Barbara Alberti e Ginevra Bompiani con la proposta di uno sciopero mondiale contro la guerra. L’idea è semplice: incrociare le braccia per un giorno, fermando la produzione e il consumo, per creare un danno economico che faccia risuonare la voce di chi vuole la pace.
“Per un giorno non si produce e non si consuma“, si legge nell’appello. “Produciamo un danno economico come dieci guerre. Così il mondo si accorgerà che esistiamo, noi che vogliamo la pace“.
L’invito è rivolto a tutti, in ogni angolo del globo: lavoratori, studenti, insegnanti, imprenditori, cittadini. L’obiettivo è quello di unire le forze e dare un segnale forte ai potenti del mondo: la guerra non è la soluzione.
Lo sciopero è la cessazione del lavoro a scopo di lotta per strappare nuove concessioni o difendere quelle già acquistate. Non è una semplice interruzione del lavoro, ma una lotta. La parola che più si avvicina alla sua essenza è la parola inglese “Strike” (e in tedesco “Streik”), che significa “sciopero” ma anche “colpire”. Lo sciopero è un modo di costringere il potere – che ammira se stesso nello specchio – a guardare in basso e prendere coscienza di altre realtà.
Fabrizio Caramagna
Come partecipare
Per aderire allo sciopero mondiale contro la guerra è sufficiente inviare una mail all’indirizzo assembleaperlapace@gmail.com con oggetto “partecipo“, o sottoscrivere l’appello al link https://assembleaperlapace.org .
Un’iniziativa che sta prendendo piede
L’appello di Barbara Alberti e Ginevra Bompiani sta rapidamente raccogliendo adesioni. E’ stato rilanciato anche su La7.
Bisognerebbe ascoltarle, le donne, quando prendono parola contro la guerra. Dentro un corpo di donna, per destino biologico, non abita la distruzione, ma la possibilità di dare la vita.
Invocare un giorno di sciopero, benché mondiale, contro tutto ciò può sembrare ingenuo, un gesto simbolico sventolato in faccia a chi usa i muscoli, la tipica fionda contro un bazooka. Eppure… eppure uno sciopero mette in campo, anzi sottrae letteralmente, e non solo simbolicamente, il corpo a qualcosa che non si condivide, per questo fa paura a chi lo subisce, lo sciopero.
Mariangela Mianiti da Il Manifesto
Praticare la sottrazione di sé è l’unica arma fisica e non violenta di chi non ha armi di distruzione. La sottrazione di sé diventa incisiva se è praticata da una moltitudine, se fa parte di un progetto collettivo e qui sta il punto critico.
Un messaggio di speranza
Lo sciopero mondiale contro la guerra è un messaggio di speranza in un momento buio per l’umanità. È la dimostrazione che la gente comune può fare la differenza e che la pace è ancora possibile.
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