C’è una bellissima favola degli indiani nativi americani, che in questi giorni mi gira in testa. Sembra essere stata scritta proprio per questi tempi, in cui gli esseri umani sembrano aver preso una netta distanza dalla loro umanità… Homo, Uomo, e Hominibus, Umanità, l’Essere/gli Esseri in armonia con la Terra.
Questo ricorda questa favola iniziatica: l’uomo è qui per vivere in armonia con la Terra e per riuscirci è necessario ristabilire il dialogo con la natura tutta.
La favola nativa racconta che un giorno, un padre ed un figlio andarono a caccia in una riserva del Nord, alla ricerca di alci e pernici per la loro prossima festa cerimoniale.
Mentre camminarono attraverso dei cespugli, il padre trasmise al figlio gli insegnamenti di Anishnabie ad esempio dove camminare, come cacciare e la necessità di essere connessi con tutte le cose che li circondavano.
Il padre insegnò al figlio che siamo tutti collegati con le cose meravigliose che sono state donate a tutti gli uomini.
Come si addentrarono nella macchia, il padre si fermò improvvisamente e disse al figlio di restare fermo ed in silenzio: un’orsa e i suoi tre cuccioli apparvero nel sentiero di fronte a loro.
Il figlio si eccitò e disse al padre di colpire l’orsa ma il padre si voltò verso di lui e disse: “Perchè dovremmo cacciarli? Non abbiamo bisogno della loro carne e i cuccioli stanno imparando dalla madre gli usi degli orsi, non ci hanno fatto alcun male”.
Il padre allora guardò negli occhi del figlio e gli disse che stava per avvicinarsi all’orsa per parlarle, in modo semplice e pacifico. Il ragazzo vide il padre andare verso l’animale in modo non minaccioso, parlando la lingua Indiana in modo calmo.
L’orsa si sedette ed ascoltò l’uomo, tutto il tempo, rispondendo con dei grugniti alle musicali parole della lingua degli Ojibwe.
Il padre finì il suo discorso con l’orsa e tornò indietro dal figlio riferendogli che aveva parlato con lei e che le aveva detto che stava insegnando a suo figlio, come lei lo stava facendo con i suoi cuccioli, che nessuno avrebbe fatto del male all’altro.
L’uomo spiegò a suo figlio che si sarebbero allontantati dagli orsi camminando in cerchio e così avrebbero fatto gli orsi, in senso opposto.
Durante il cammino il ragazzo capì che era effettivamente connesso con tutti gli esseri viventi intorno a lui e che non era separato dal cerchio della vita, ma ne era parte integrante. Realizzò inoltre che gli uomini e gli orsi potevano parlarsi e capirsi.
La più importante lezione che imparò in quel giorno era l’inutilità di prendere la vita di un orso solo per il gusto di farlo per di più quando non erano a caccia di orsi.
Quel giorno il ragazzo imparò la lingua di Anishabie per parlare con gli orsi e che doveva rispettare tutte le forme di vita.
O Grande Spirito, tu che tutti ascolti, ti prego per mio fratello, l’orso.
Fa che la dolce luna brilli nelle sue notti da bambino: in questo modo lui si ricorderà sempre del calore di sua madre.
Fa che il suo coraggio sia continuamente rinnovato dai fiori dei boschi: in questo modo potrà muoversi fra loro senza pena.
Dona alle sue gambe potenza e destrezza: in questo modo lo faranno sempre correre in libertà.
Fa diventare più acuto il suo udito e il suo olfatto: in questo modo fiuterà ogni pericolo.
Fa che tutti gli uomini, che amano la bellezza e la forza, lo seguano nel suo cammino: in questo modo l’orso non perderà la strada e ritroverà la sua tana.
Fa che tutti gli esseri umani amino la vita e rispettino quella degli altri: in questo modo nessuno dovrà dispiacersi dei propri errori.
Infine, fa che il mio selvaggio fratello orso viva per sempre libero, finché il sole risplende nel cielo.
Questa è la mia preghiera o Grande Spirito, per il mio fratello orso.
Capo Dan George (24 luglio 1899 – 23 settembre 1981), ultimo Grande Capo Indiano.