Il potere della preghiera e della bellezza…
‘Quattrocento anni fa i grandi saggi della nazione Navajo, stanziata nei profondi deserti del sud-ovest americano, erano messi a dura prova dalla terra, dalla natura e dalle tribù confinanti. Attraverso le condizioni estreme che la siccità, il calore intenso e la carestia imponevano alle loro comunità, i Navajo si resero conto che sarebbe stato necessario fare appello al potere della sofferenza interiore per riuscire a sopportare le durissime condizioni esteriori imposte dalla vita. La loro sopravvivenza dipendeva proprio dal saper applicare quella lezione.
Avendo compreso che le prove della vita li sospingevano ai limiti delle più intense sofferenze, i Navajo scoprirono che quelle sfide erano anche in grado di far emergere i loro maggiori punti di forza. La chiave della sopravvivenza consisteva nell’immergersi nelle lotte della vita, ma senza perdere se stessi durante l’esperienza. Avrebbero in pratica dovuto trovare una sorta di “ancora” – una convinzione che avrebbe dato a ciascuno la forza interiore necessaria per sopportare le prove – da aggiungere alla consapevolezza che ci sarebbero stati giorni migliori. Quel luogo interiore di potere conferì loro la fiducia necessaria per poter correre dei rischi, cambiare la loro vita e dare un significato al loro mondo.
Forse anche la nostra vita di oggi non è poi così diversa da quella dei valorosi che scorrazzavano nei deserti del sud-ovest americano molti secoli prima della fondazione di questo paese. Sebbene lo scenario sia mutato e le circostanze non siano più le stesse, anche oggi ci capita di trovarci in situazioni che scardinano le basi delle nostre credenze, mettendo alla prova i confini della nostra sensibilità e sfidandoci a superare gli eventi che ci arrecano dolore. In un mondo che, a detta di molti, “sta dando i numeri” ed è costellato di atti insensati ispirati dall’odio, di una quantità esorbitante di rapporti finiti, famiglie divise e malattie che minano la sopravvivenza di intere società, siamo tuttora davanti alla sfida di trovare uno stile di vita quotidiano capace di trasmetterci un senso di gioia, ordine e pace.
Con l’eloquenza tipica dell’antica saggezza, la tradizione navajo fa riferimento a un concetto di vita che attribuisce direttamente a ciascun individuo la responsabilità di vivere nella felicità o nella sofferenza.
Esso è giunto fino a noi col nome di “Preghiera della Bellezza“, con formulazioni che variano a seconda dei documenti o delle tradizioni orali, ma la cui essenza può essere riassunta in tre brevi frasi. In sole venti parole, gli anziani navajo ci tramandano una ricercata forma di saggezza, che ricorda l’esistenza di un collegamento fra il nostro mondo interiore e quello esterno, un legame riconosciuto dalla scienza solo di recente Ogni frase, composta di tre parti, ci offre la percezione del nostro potere di modificare la chimica del corpo umano e di influenzare in senso quantistico le possibilità presenti nel mondo. A livello superficiale, le parole sono auto esplicative.
I Navajo usano la frase «Nizhonigoo biliina», che corrisponde approssimativamente alla seguente traduzione:
La bellezza di cui ti circondi,
La bellezza secondo cui tu vivi,
La bellezza su cui fondi la tua vita.
Grazie alle parole di un autore da tempo dimenticato, la semplicità di questa preghiera porge una nuova vena di speranza, quando ogni altro tentativo sembra fallito.
Ma la “Preghiera della Bellezza” è molto più di un semplice testo verbale. Nella sua linearità si cela la chiave per risolvere uno dei maggiori misteri umani: come sopravvivere alle ferite della vita? Anziché proteggersi ed evitare proprio le situazioni che danno un significato alla vita quotidiana, col potere della bellezza e della preghiera possiamo calarci dentro l’esperienza, guidati dalla consapevolezza che qualunque ferita è solo temporanea.

Il popolo dei Navajo ha trovato in questo da tempo la forza, il conforto e il modo giusto per gestire la sofferenza nel mondo […]
Il potere trasformativo della Bellezza
Le tradizioni più sacre e antiche ci ricordano che la bellezza permea tutte le cose, a prescindere dal modo in cui le interpretiamo nella vita quotidiana. La bellezza è già creata, ed è sempre presente. Per soddisfare il nostro mutevole concetto di equilibrio e di armonia possiamo modificare ciò che ci circonda, instaurare nuovi rapporti o trasferirci in altri luoghi ma i tasselli che vanno a costituire quella nuova bellezza sono già al loro posto.
La bellezza salverà il mondo.
– Fëdor Dostoevskij
Al di là dell’apprezzamento rivolto a cose che sono semplicemente gradevoli allo sguardo, le antiche tradizioni di saggezza descrivono la bellezza come un’esperienza capace di influenzare anche il cuore, la mente e l’animo umani. Grazie alla nostra capacità di percepire la bellezza perfino nei momenti più brutti della vita, possiamo elevarci al di sopra del dolore per il tempo sufficiente a dargli un diverso significato. In tal modo la bellezza diventa un dispositivo capace di proiettarci in una nuova prospettiva. La chiave, tuttavia, sta nel fatto che la bellezza sembra essere dormiente, fino a che noi non concentriamo su di essa la nostra attenzione. La bellezza si risveglia soltanto, quando è invitata nell’esistenza umana…
La bellezza dovrebbe dominare il nostro agire quotidiano. Non esiste nessun luogo, sul quale i nostri occhi potrebbero dirigersi, dove non stia avvenendo una piccola meraviglia: una foglia che si apre, un rivolo d’acqua che scorre, un gatto che si addormenta o una mamma che accarezza il suo bambino fanno parte di una grande poesia che si rinnova ogni giorno. Guardati attorno, invita la bellezza nella tua vita…’
– Gregg Braden, ‘La Scienza Perduta della Preghiera’
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