Spazi Sacri

Il Bosco Sacro e il Punto Medio del Cammino della Conoscenza

Per i Celti, la divinità non poteva essere rinchiusa in un recinto o in un tempio. Era nella natura e nei boschi, e dentro di noi: nel Nemeton, il centro, il bosco sacro (il termine ha la stessa radice del latino ‘nemus’, bosco).

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Nementon

Nelle frequentazioni con i luoghi dello spirito, può capitare di imbattersi in una sorta di doloroso smarrimento, guado di ombre e irrisolti interrogativi, nel quale pare si debba pagare un alto prezzo all’ansia della ricerca intrapresa. Tale esperienza si può chiamarla notte dell’anima o vacuità del cuore, o in altro modo, a seconda delle differenti tradizioni esoteriche cui ci si riferisce.

Per il celtismo pagano, useremo la denominazione essere nel punto medio. Chiunque ricerchi spiritualmente la via degli dei interiori o, se vogliamo, dell’illuminazione animica, è sottoposto ad ardue prove iniziatiche. Tra queste, l’essere nel punto medio assume una particolare e beneaugurante configurazione interiore.

Per i celti pagani, difatti, e cito l’indiscussa autorità dello storico romano Lucano, la morte fisica null’altro è che un punto medio in una lunga vita. Certi dell’immortalità dell’anima, i Celti avvertivano l’accadimento funebre quale passaggio, punto medio tra resistenza mortale e l’entrata nella terra degli antichi dei.

Nel mezzo del cammin di nostra vita
Mi ritrovai per una selva oscura..
Dante Alighieri

Ma, ancor distante l’evento fatale della morte fisica, la sapienza celtica ci informa su altri tipi di punti medi, in cui chi ha iniziato il cammino delle conoscenze, avverte il dolore di un passaggio da una condizione precedente a una consapevolezza superiore che pure stenta nel delinearsi compiutamente.

In tali accadimenti, per la sapienza celtica è auspicabile recarsi in un solo luogo: il Nemeton, ovverosia il Bosco sacro. La sua valenza è interiore: è il luogo deputato ai riti druidici, ma ancor più il ricetto dell’anima in cerca, afflitta da dubbi e smarrimenti. Per oltrepassare il punto medio dell’essere occorrerà quindi addentrarsi nel Nemeton.

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  “Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita, e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa aveva da insegnarmi, e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto”.  Henry David Thoreau

“…Per l’antico sciamanesimo druidico il Bosco sacro rappresentava l’identificazione di uno spazio sacralizzato dalla consapevolezza dell’iniziato messo a contatto con il Trascendente.

Nel Bosco sacro gli iniziati potevano porsi in meditazione per sviluppare le potenzialità del Silenzio interiore e realizzare l’esperienza della “Visione” per ottenere il “Nah-om”, il Potere che sorgeva dalla sintonia dell’individuo con la natura del Trascendente.

Lo sciamanesimo druidico prevedeva che il meditante, per scoprire la propria identità reale e il proprio rapporto con il Mistero, doveva sapersi muovere e operare nel diorama sacro offerto dagli elementi della Natura che costituivano il Nemeton, estendendo il valore del simbolismo rappresentato dal Bosco sacro anche a tutta l’esistenza ordinaria.

Per tale motivo il druidismo suggeriva la necessità di dover conoscere i termini visibili e invisibili della dimensione di esistenza con cui il meditante interagiva sul piano reale per poter realizzare un effettivo rapporto con la sua manifestazione. L’invito rivolto a ciascun Iniziato era quello di dover necessariamente conoscere tutti gli aspetti del “Bosco sacro” rappresentato dall’esistenza, identificabile nell’universo e nel proprio Io interiore per poter conoscere i suoi segreti e dare una risposta ai propri bisogni…”
[Giancarlo Barbadoro]

Quando ne sentite il bisogno, sedetevi per terra assumendo una posizione ieratica, armoniosa; dopodiché, inspirate dolcemente portando la massima concentrazione sul centro frontale, poco sopra la radice del naso. Tra l’inspirazione e l’espirazione, trattenete per qualche istante il respiro e dite mentalmente: Nemeton.

È un logodinamo che dissolve più di una nebbia, come il sanscrito Om; alternando le fasi respiratorie con la pronuncia del nome sacro, e con la prolungata concentrazione sul Nemeton, si arriva ad assumere quell’immaginifico mentale necessario per superare le nebbie in cui ci pare di essere perduti. Taliesin il Bardo non ebbe altro luogo in cui rifugiarsi che un bosco sacro, allorché volle accedere alla completa conoscenza di sé stesso.

Si narra che lo stesso fece Myrrdin-Merlino, all’atto di scegliere fra il mondo degli uomini e il regno dell’armonia. La tradizione celtica è tutta colma di esempi del genere: rifugiandosi nel Nemeton, che è innanzitutto un luogo dello spirito, è possibile ritrovare il cammino perduto.

Basta sedersi e rimanere in silenzio nel bosco per ricevere saggezza, intuizione, fantasia, vitalità. Accettare di aver dimenticato qualcosa e rendersi disponibili al ricordo di un tempo mitico, quello del Sogno, in cui il mondo è stato creato per la prima volta. Accorgersi che il Sogno è sempre all’opera e che il mondo intero è guarito insieme al sognatore quando quest’ultimo torna a creare con lui…

Ilaria Vasdeki
Fonte: Anima.tv


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