di Lucilla Satanassi
Le erbe selvatiche, un po’ pazze e neglette, sono sorelle meravigliose. Portano alla luce tanti aspetti del paesaggio, dei luoghi e delle persone.
Ognuna di loro arriva sulla terra per svolgere un compito e la terra le partorisce possedendone tutti i semi.
Le osservo e le studio in ogni stagione, partecipo ai loro movimenti, alle migrazioni, al loro lanciarsi nei campi per raccontarci i nostri errori gastronomici.
Le erbe selvatiche sono in contatto con i movimenti celesti e prosperano o meno a seconda delle congiunture astrologiche. In questo anno in cui, secondo la sequenza caldeica, abbiamo la luna in risalto fra sette pianeti, stanno crescendo tutte le erbe selvatiche lunari. Bordi di siepi invasi dalla Lunaria, vigne arrossate da Fumaria e la Aparine che striscia ovunque.
Queste “erbacce” entrano quotidianamente in relazione con noi, accompagnando in modo incredibile e inaspettato i nostri passi. La tendenza è quella di combatterle e di ignorarle. Le diserbiamo con acerrime lotte, e solo talvolta le rivalutiamo, quando, tornando bambini, scopriamo che alcune di loro sono commestibili.
E’ solo allora che un barlume di gratitudine si accende nei nostri occhi. Ma quanta solitudine c’è nelle nostre campagne invase dalla monocultura, nei nostri giardini rasati e perfetti, nei nostri orticelli asettici dove queste erbe vengono trattate come nemiche?
I loro canti raccontano una vita coraggiosa, fatta di profumi che stuzzicano i nostri sensi, di micronutrienti che catalizzano i processi della salute.
Le selvatiche, sono erbe solidali dalla quale la società contemporanea dovrebbe cogliere l’esempio: si aiutano fra di loro e creano stretti grovigli di biodiversità, ricettacoli utili alla vita animale, molecole ad anelli aromatici complessi che richiamano vita nel terreno.
Le selvatiche si occupano di coprire il suolo, di proteggerlo dal dilavamento, dai raggi cocenti del sole estivo che manderebbero in cenere batteri e funghi. Le selvatiche si attaccano al pelo degli animali per disperdere i loro semi, passano intestini di vari animaletti per nascere, si lasciano calpestare per sentirsi vive, ospitano copule e lune di miele di lucciole e grilli.
E tutte che si donano in abbondanza senza fine. Non sempre serve analizzare il terreno per capire la sua struttura, i suoi nutrienti o le sue caratteristiche. Basta vedere che selvatiche vi crescono.
Un terreno abbandonato dalla buona cura del contadino abbonda di Euforbia. La Gramigna tenta, invece, una rivitalizzazione di un terreno costipato, il Romice lavora il terreno argilloso con ristagno sotterraneo, l’Ortica nobilita accumuli di composti azotati grezzi.
E poi ci sono le selvatiche che si fanno trovare sui nostri passi per ricordarci chi siamo, e nei loro fiori troviamo il punto di contatto con l’anima.
La Fanciullaccia, spettinata e anarchica, la Pimpinella che con il sorriso nutre il sangue, l’Anagallide che ci libera da catene, lo Specchio di Venere che ci racconta la nostra origine, il Papavero che ci spinge al coraggio sovversivo, il Tasso Barbasso che si presenta alle porte dell città per ricordarci di essere obbedienti a noi stessi.
Ogni gesto della natura ci viene incontro per rapirci all’amore, e le erbe selvatiche ci fanno spiriti liberi!
Fonte: Vivi Consapevole Magazine | Remedia Erbe
Photos Credits: thewildtemple.com