di Sandra Saporito
Credo di essere un seme tardivo, oppure la mia scorza è lunga a morire. Non ho un ciclo di sviluppo normale. O meglio, è molto diverso da tutti quelli che conosco.
Posso aspettare anni prima di vedere il risultato di molte fatiche, come vedere semplicemente qualcosa spuntare dal suolo, qualche piccola fogliolina verde che si stacca dalla distesa terrosa e poi, con calma, cresce.
Ho bisogno di più tempo, ed è vero che quando percepisco la meraviglia che mi circonda, mi lascio riempire di stupore, perché tutto questo è così diverso da me.
A volte ho l’impressione di dover sollevare il mondo prima di sentire il calore di un timido raggio di sole.
Avrei avuto molte occasioni di mollare e rimanere lì dov’ero, a crogiolarmi nel mio guscio, a smettere di sognare di voler diventare di più di un semplice seme duro a germogliare.
E poi, la difficoltà nel liberarsi di quel sarcofago sempre più stretto, ne vogliamo parlare? E che ne facciamo di quella di mettere su radici, di impegnare tanta della tua energia in cose che non si vedranno mai, avere la sensazione di impiegare una vita intera a scavare, a cercare di aggrapparti ad un pezzo di terra che diventerà per sempre il tuo posto nel mondo?
Forse ci ho messo più tempo del normale a mettere radici perché sono un seme che viene da lontano, e io questa terra mica la conoscevo. Ci abbiamo messo un po’ a fare conoscenza io e lei, ma alla fine sembra che siamo compatibili: mi ha pure fatto scoprire alcune delle sue bellezze sommerse.
Dice che pochi hanno avuto la pazienza di cercarle ed è un peccato perché lei ci ha messo davvero tanto impegno e tanto amore a crearle. È vero che ci vuole un po’ di pazienza per trovarle ma di tempo lì sotto ne ho avuto in abbondanza e l’ho usato come meglio potevo.
Quest’estate invece sembra che sia venuto il mio momento perché una piccola voce dentro di me ha detto “Basta scavare!” e mi ha sconvolto perché non avevo fatto altro per un bel po’ di anni. Allora mi sono fermata per capire cosa fare, quale direzione prendere.
Sì, lo ammetto, mi sono fermata e ho aspettato.

In questo strano tempo di mezzo, non potevo fare altro che rimanere in osservazione e mi sono accorta con sorpresa di aver messo più radici di quello che pensavo, di aver viaggiato parecchio lì sotto.
La terra adesso mi sta solleticando le radici. Dice di volermi accompagnare a vedere il sole.
Credo che accetterò l’invito.