Mardin, la terrazza sulla Mesopotamia nel sud-est della Turchia.
Tra i vicoli color ambra della città antica, il tempo sembra essersi fermato. Il cavallo dei maestri del sapone dà scacco matto al re dei venditori di caffè. Il sole gioca a nascondino con le foglie dei sicomori. Gli aquiloni portano in cielo i sogni dei bambini. Gli asinelli carichi di merci riposano tra una fatica e l’altra. I silenziosi minareti porgono omaggio alla fertile valle.
In questo remoto porto di pace riecheggiano le storie degli antichi popoli che qui trovarono una generosa casa. Lasciando la strada maestra e scendendo lungo le scale che collegano i vari livelli della cittadella, si raggiunge la zona dedicata al commercio. Tra un negozio e l’altro, tra le solide e fresche pietre che sorreggono pesanti trecce di cavi elettrici, ci si sente osservati, seguiti.
Due grande occhi che tutto vedono e che tutto osservano. Due bellissimi occhi di donna che sorridono a noi stranieri ignari. Un rumore di risa. Un sibilo. E l’incantesimo è compiuto. Affascinati e stregati da questo sortilegio, si arriva dinnanzi ad un negozio che porta sulle pareti l’immagine di questa antica magia. Şahmeran è il suo nome.


In questa zona dell’Anatolia, una terra in cui da millenni diverse culture si sono incontrate e mescolate, è affascinante vedere come le antiche storie popolari vivano ancora forti e radicate. Şahmeran è uno dei tanti miti sopravvissuti al passare del tempo e all’avanzata di nuove culture.
Di origine persiana, Sahmeran o Şahmeran, è la regina dei serpenti, metà donna, metà serpente. La sua leggenda viene narrata da centinaia di anni e ancora oggi la sua immagine viene affissa alle porte delle camere delle ragazze come buon auspicio.
Si narra che un ragazzo molto bello di nome Tahmasp stesse vagando alla ricerca di legname tra i boschi del Tauro, in compagnia di alcuni amici. I giovani si accorsero che in lontananza c’era una grotta da cui fuoriusciva del miele. Allora gli amici invitarono Tahmasp ad entrare nella cavità per raccogliere il prezioso nettare. Dopo aver mosso qualche passo, il boscaiolo cadde all’interno di un profondo pozzo. Gli amici, anziché aiutarlo, mostrarono il loro animo malvagio e lo abbandonarono alla sua sorte per poter raccogliere una maggior quantità di miele.
Tahmasp vide un bagliore nell’oscurità. Decise di seguirlo e vide che il muro presentava una fenditura con un passaggio segreto. Armato di coraggio, il ragazzo entrò e scoprì un mondo magico in cui acque limpide, rigogliose piante e profumatissimi fiori davano vita ad un magnifico giardino popolato da migliaia di serpenti. Senza saperlo, il giovane era entrato nel pacifico regno dei serpenti.
Tra essi una creatura si distingueva per forma e beltà. Era Şahmeran, la bellissima regina dei serpenti, metà donna e metà serpente.
La sua pelle color del latte, i suoi lunghi capelli neri e i suoi profondi occhi scuri fecero invaghire il giovane all’istante. I due trascorsero molto tempo insieme. La buona e bella regina raccontò al ragazzo molte storie tinte di saggezza, gli insegnò l’uso delle erbe medicinali e l’arte della farmacia. Tahmasp si conquistò la fiducia della regina e i due si innamorarono perdutamente.
Come dono d’amore la nobile regina regalò all’amato le squame del suo corpo da portare sulla schiena per renderlo più forte e savio.

Vissero insieme nell’incanto dell’amore per lunghi anni fino a quando il giovane iniziò a sentire nostalgia della sua vita precedente. Per troppo tempo aveva vissuto lontano dalla sua famiglia e la mancanza degli affetti lo fece diventare sempre più triste.
Şahmeran non poteva sopportare di vedere il suo amato spegnersi giorno per giorno, così, nonostante provasse una profonda sofferenza, gli disse di ritornare nella sua città per ricongiungersi con amici e parenti. Non avrebbe impedito la sua partenza, a patto che il ragazzo non rivelasse il luogo in cui si trovava il regno dei serpenti.
Tahmasp accettò e promise di mantenere il segreto. Quando arrivò nella sua città, venne a sapere che il sultano era gravemente malato. I suoi perfidi servitori stabilirono che l’unica cura per guarire il sovrano fosse mangiare la carne di Şahmeran. Subito iniziò la caccia.
Non trovando il nascondiglio, i servitori iniziarono ad interrogare il popolo alla ricerca di qualcuno che sapesse dove cercare la regina. In quei giorni di investigazioni, Tahmasp si recò all’hammam per fare un bagno, dimentico delle squame che portava sulla schiena. I soldati lo identificarono subito come l’amante segreto della regina dei serpenti e lo condussero dai perfidi servitori del sultano per estorcergli la verità circa il luogo del nascondiglio.
Quando Tahmasp, dopo innumerevoli torture, confessò, subito capì che i servitori non volevano servire il sultano, bensì cibarsi loro stessi della carne di Şahmeran per conoscere i segreti del mondo.
Giunti in prossimità del regno segreto dei serpenti, i servitori catturarono l’inerme Şahmeran.
La saggia regina disse loro: “Chiunque mi strapperà un po’ di carne dalla coda e la mangerà, conoscerà di tutti i segreti del mondo. Ma chi prende un po’ di carne dalla mia testa e la mangia, muore all’istante”.
Non appena Şahmeran terminò di pronunciare queste parole, un servitore tagliò il corpo della regina in due pezzi. Strappò un po’ di carne dalla sua coda e se ne nutrì. Tahmasp, che aveva assistito inorridito ed impotente all’uccisione della sua amata, tormentato dal senso di colpa, si liberò dalla presa dei servitori e si scagliò sulla testa della regina, mangiandone un piccolo pezzo. Poi si arrese, attendendo la tanto agognata morte.
Così facendo, l’ignaro Tahmasp aveva portato a compimento il piano ordito da Şahmeran negli istanti prima di morire. I servitori morirono avvelenati dalle squame, ma il giovane restò in vita grazie al bel viso della sua amata regina.
Ereditò la sua grande saggezza, la conoscenza del mondo e della scienza. Tahmasp fece ritorno nella sua casa, ma il dolore provocato dalla perdita del suo grande amore gli impediva di proseguire a vivere.
Si dice che dal giorno della morte di Şahmeran egli vaghi di montagna in montagna per esercitare i poteri che la sua amata gli regalò dopo la morte. Si dice anche che egli diventò un medico leggendario, passato alla storia come Lokman Hekim.

Questa è la storia di Şahmeran, la bellissima regina dei serpenti, una leggenda iraniana che a Mardin e in altre città al confine siriano e iracheno come Nusaybin, Viranşehir e Cizre, continua a rivivere grazie alla sapiente arte degli artigiani.


È curioso per noi occidentali vedere come il serpente, notoriamente simbolo del male, sia visto in questa cultura come sinonimo di pace e saggezza.
L’amore di Şahmeran e Tahmasp vive ancora oggi tra le montagne di questa antica regione. Che sia questo uno dei segreti della mistica bellezza di questa terra, madre di civiltà?
Fonte: viaggicultura.it
Articolo di approfondimento: Shahmaran, la dei serpenti di Laura Rivola – Il Tempio della Ninfa

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