‘Monaco Serafino, giovane e studioso di antiche religioni, di origini nobili e fini fattezze che par esser fanciulla…’ così viene descritto dallo storico dell’abazia.
Proprio Serafino si è imbattuto in una pergamena antica, pergamena che parlava di Oscure Signore; spesso questi studiosi si informavano molto sulle antiche usanze, trascrivevano testi che poi inviavano alla santa sede, questo permetteva a segretari di controllare il popolo… insomma, questo è giusto, questo è sbagliato…
Così comincia il testo che è intitolato “Le Signore della Luna Nera“:
“…di scuro vestite queste Signore della notte senza luna, esse sono esperte di medicamenti erborei, conoscono i veleni come se li avessero creati.
Gli abitanti del posto le chiamano Maschere Scure, questo perchè i loro visi di scuro macchiati per il troppo avvicinarsi ai focolai che adoperano per far queste pozioni.
Le si incontra anche di giorno con capo coperto, quasi a significare che il viso è come una luna nascosta, che raccolgon erbe, ma badate, non solo nei giorni di raccolta secondo le antiche tabelle, ma anche in giorni dove solo il maligno ha l’ardire di metter piede essendo il regno suo.
Parvon contadine ma le si riconosce per uno strano pendaglio che par un ago pei giacigli di lana vergine, esse usan l’ago per estrarre alcuni veleni dai funghi, sanno dove estrarre neanche sapessero che il fungo ha corsi di fluido nell’interno.
Presi coraggio un giorno, spinto anche dall’abate pel discorrere con la più vecchia di loro, chiesi se avea un nome, ella mi rispose con fare da tarantola dicendomi di chiedere quello che mi serviva e che il danaro non sarebbe calato se avessi saputo i suoi natali.
Chiesi se potea mostrarmi qualche loro intruglio e a cosa servivano, levati gli occhi quasi a voler penetrare la mia anima fissandomi mi disse:
“Giovane fratello, quel che è veleno è anche soluzione, se serpe velenosa ti morde solo l’estratto dello stesso veleno può salvarti, così è per le erbe e pei funghi.
Piuttosto ascolta le nostre preghiere al giorno della Luna Nera, li comprenderai l’essenza di ciò che tu già vivi… non è forse scura la terra sul quale poggi i piedi? Se essa volesse ti inghiottirebbe senza soluzione alcuna… e la stessa terra protegge le radici d’inverno per poi nutrire le stesse che mostrano la bellezza nella primavera… per ringraziare gli alberi metton foglie grandi d’estate affinchè la terra non bruci. Ti sei mai chiesto perchè un essere così nobile protegge la terra dalla luce? Ecco il segreto, l’una non può esistere senza l’altra, per questo noi amiamo la Nera Luna, essa è l’unione perfetta, l’ombra del divino amore”.
Il mio stupore si fece forte, anche l’anima mia si mise a pensare a quelle parole…. dovetti aspettare tre lune e nel mese di maggio andai in quel bosco dove le notavo raccogler erbe.
Il buio era pece del diavolo, solo delle fievoli luci in lontananza si videro, la mia sembrava non emanare luce alcuna… una di loro si staccò dal gruppo, parea esser fantasma da quanto le sue vesti nere si muovevano impigliandosi nei rami bassi dei castagni, mi disse di sedermi sulla pietra e in silenzio per ascoltar le antiche parole, le antiche preghiere che permettevano a loro buoni raccolti.
Un leggero canto sentii, senza proferir parola, quasi un gregoriano al femminile, le torce con fiamma stranamente verdognola, illuminavano questo cerchio di pietre che parevano nere ma luminose allo stesso tempo.
Un di loro si avvicinò al centro del cerchio in cui vi si poteva notare cesti colmi di erbe secche, armata di legnetto quasi a sembianza bacchetta (sembravan quelle dei magi celti) e puntata verso l’alto intono questo canto:
“In questa notte ove la luce è nascosta agli occhi dei più,
le Nere Signore porgon saluto rispettoso a te Madre dei Veleni.
Possa la tua nera luce illuminare i nostri passi che non lascian segno,
possa la tua nera luce illuminare i nostri neri occhi che non han pupilla,
possa la tua nera luce illuminare le nostre antiche anime che mai trapasserano.
Ascolta il canto delle tue figlie,
noi che mal siamo viste e non possiam parola proferire,
noi che amiamo tutti ma non possiam dirlo.
Noi signore del tempo nero,
noi che soluzion troviamo grazie alla tua nera luce.
Benedici queste erbe raccolte nel tuo nome,
possano esse portar morte o vita, benedicile.
Gli scuri venti siano con noi,
portando a noi le parole che sono i tuoi nomi.
Possa la tua luce benedire questi luoghi
possa la tua luce benedire le nostre voci che si levano per te.
Cantiamo sorelle, cantiamo la lode alla signora oscura,
lei che regna nelle ombre ma non è ne male ne bene… lei è..
lei è vita,
lei è morte,
lei è soluzione,
lei è madre,
lei è figlia,
noi le sue figlie,
così per tutti i secoli, finche le stelle non cadranno.
Così è la nostra vita,
così vogliamo che sia in eterno.”
Finita la melodia recitata all’unisono, la donna in centro incendiò uno dei cesti, la stessa luce blu verde si spirgionava dal fuoco, un dolce profumo anche se pungente, si sentia tutt’intorno.
Mi sentivo inebriato da quel profumo, le vidi abbracciarsi amorevolmente, questo mi stupì dal momento che si dichiaravano amore come se sorelle fossero davvero.
Nei giorni a seguire la Donna mi raggiunse all’Abazia, portando con se un cesto di erbe e intrugli, mi spiegò che le erbe possan esser adoperate tutte, impresso nel cuore e nelle pergamene risuoneranno queste parole…’
di Marius Deprède | Fonte