di Erica Gazzoldi
‘Si chiama Genesi, “origine”. Sarebbe più appropriato interpretarla come “radice” : quella dei conflitti psichici che l’essere umano vive da che ha memoria. I protagonisti di detti conflitti sono Adamo, Eva, il Serpente, Dio… e Lilith. Dimenticata, ma presente.
Di lei si è occupato Roberto Sicuteri nel suo libro ”Lilith – La Luna Nera”’.
Colei che dà il nome al saggio è un demone femminile già noto in Mesopotamia; ovvero, un aspetto della femminilità e del rapporto fra i generi che, spesso, viene relegato all’ambito del sogno notturno, del proibito, del perturbante.
Sicuteri comincia con l’analisi dello Zohar (il testo principale della Qabbalah, la tradizione mistica ebraica) e del Berešît-Rabbâ, un Midrash aramaico. Da essi, emerge un’interpretazione poco popolare, ma tutt’altro che sciocca, di quel famoso maschio e femmina li creò (Gn 1, v. 27): l’umanità originaria sarebbe androgina. Un’unità di maschile e femminile, poi scissa, perché l’essere umano non vivesse in solitudine. Con accenti meno ottimisti, possiamo trovare un mito simile nel Simposio platonico (189d-190d), oltre che in autori come Filone d’Alessandria e altri elencati da Sicuteri.
L’androginia come somiglianza con Dio e una basilare scissione da ricomporre: ecco il segreto dei sentimenti umani e delle lotte esistenzial-spirituali. E qui entra in gioco Lilith, trattata dall’autore con un interesse più psicologico che teologico. Rimossa (freudianamente?) dalla Genesi, è presente in altri testi. Per esempio, nei commenti cabalistici sul Pentateuco raccolti da R. Reuben ben Hoshke Cohen (citati a p. 23), o nell’Alpha Beta (cfr. p. 29).
Lilith compare come prima sposa di Adamo: desiderabile, ma non remissiva, rivendica la parità col maschile. Dio non l’ha forse creata a propria immagine, così come ha fatto con lo sposo? Al rifiuto di Adamo di riconoscere questo, Lilith cambia volto. Diviene demone, si esilia dall’Eden e si rifugia presso il Mar Rosso (simbolo di limite estremo). Da allora, sarà temuta e pericolosa, relegata agli incubi e portatrice di malattie.
La sostituirà Eva: la sposa lecita e feconda, ma non meno ferale. Non è difficile riconoscere una nevrosi tipica delle società patriarcali. Dominare su qualcuno (in questo caso, sulle donne) può sembrare l’unica soluzione rassicurante e pensabile, per gestire i rapporti interpersonali. Ma fino a che punto la situazione può reggere? Essa crea immancabilmente demoni: paure, rimossi, incubi, disturbi psicofisici. Rende ancor più minaccioso quel che si pensava di ammansire.
Lilith è più antica dell’ Ebraismo. Sicuteri ritrova la radice sumerica del suo nome (LIL) in quelli di diverse divinità assiro-babilonesi. Menziona scongiuri accadici contro demoni come Lilitu, o Lilû. Nella vicenda di “Gilgamesh e il salice”, Lillake è un demone femminile che si annida in un albero sacro a Inanna, la Signora del Cielo omologa a Venere. Un’etimologia ebraica vulgata ricollega “Lilith” a Layl/Laylah, “notte”.
“Lilith – Lilitu – Lulu è la variabile del demoniaco nell’area ebraica medio-orientale, espressione cioè della passione torbida della sessualità sfrenata che può insidiare e sottomettere l’uomo. Quel che allontanava dalla Tôrāh era quasi sempre espressione del demonio.” (pp. 35-36).
Ma perché Luna Nera? L’appellativo è un riferimento alle fasi lunari.

“Luna sorgente e Luna piena corrispondono alla Grande Madre. Con la luna risplendente in cielo, analogicamente era vissuta la pienezza della fertilità e dell’influsso benefico sulla natura tutta, specie sulla psiche femminile. Quando la Luna, conclusa l’ultima fase, scompare, si realizza analogicamente la drammatica Luna Nera, l’ ‘assente’: il demone dell’oscurità. L’uomo dell’età egizia e greca, assume un atteggiamento conseguente dinanzi a tale sincronico evento astrale.” (p. 52)
L’aspetto minaccioso del femminile sarà, nei secoli successivi all’età antica, incarnato dalla strega. Né morirà certo in età contemporanea.
Ma Lilith sarà vivissima nella psicanalisi e in correnti come il Surrealismo e il Dadaismo. L’inconscio, irriducibile a quanto è verificabile in laboratorio, trova sempre il modo di esprimersi. Di dire: Io Sono.’
Fonte: ultimavoce.it
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